Dìa02, Domenica 14, Guillena-Castilblanco de los Arrojos, 19km
Dalle 10 alle 11 ho cazzeggiato fuori dal rifugio bevendo succo all’arancia, poi mi sono arreso e sono andato in branda. Il condizionatore pompa, e il fresco della stanza mi garantisce un buon riposo.
Un rumore mi sveglia alle 05.30: è il pellegrino tedesco (sarebbe olandese, a dire il vero) che si tira in piedi. Ne seguo l’esempio, tanto ho dormito bene… mi organizzo con calma e fuori dal rifugio, mentre imbastiamo gli zaini, facciamo due chiacchiere. Ha già percorso questo camino con la figlia, ma vuole rifarlo da solo, ed eccolo qua.
Parto. Sono le 6.40, la luna è ancora bella alta e del sole non c’è traccia, però, anche con indosso il solo ponchoshirt di mia produzione, fa già caldo.
Si esce dal paese e si costeggia una maleodorante vena d’acqua. Sempre accompagnati da acque stagnanti e puzzolenti si prosegue lungo la campagna, lungo siepi di fichi d’india che non si piegherebbero neanche di fronte ad un machete e che quindi si meritano le quantità di bottiglie, bottigliette, sacchetti, rovinassi, copertoni e schifezze varie che le addobbano.
È quasi con gioia che si arriva alla zona industriale, poligono del Cerro, dove si incontra il primo menhir indicatore della via, opportunamente decorato di graffiti e testa di bambola mozzata.
Dopo pochi capannoni ci si inoltra tra gli olivi, e i primi conigli iniziano a saltarmi quasi sui piedi: schizzano veloci tra gli alberi, incrociando il sentiero con i loro allegri balzelli.
Un bastardino peloso con la riga in mezzo si unisce a me alla fine del poligono e mi accompagna lungo il cammino, rincorrendo conigli con scarso successo ma molto compreso nel suo ruolo di guida-cacciatore.
Grazie a lui noto che i piccoli roditori hanno scavato parecchie tane nella terra secca e dura, nelle quali si infilano con destrezza, fuggendogli, o gli riemergono alle spalle, beffandolo… maleducati!
Finiti gli ulivi, iniziano le querce, las encinas: anche il terreno cambia, si accentuano i saliscendi, appaiono vari tipi di arbusti e, tutti assieme, emanano un profumo forte e dolce, come di incenso (anche meglio) che fa dimenticare l’odore d’acqua morta del primo mattino.
E via così, tra querce e conigli. Un piccolo rapace si alza da terra con un serpentello tra gli artigli, le carcasse di una vipera e di un coniglio segnano il sentiero. Si cammina bene, le nuvole sono compatte ed il sole tarda a farsi sentire. Ecco una mandria al pascolo, il toro mi punta minaccioso, ma tra me e lui c’è il filo spinato, quindi chissenefrega. Bello sto sentiero, calzada real – via pecuaria, però adesso è finito, ed una strada bianca mi porta alla statale, asfaltata e, nonostante sia presto, le 9.30 circa, molto trafficata.
Dopo aver schivato il primo tir, scendo a lato della massicciata dove una traccia si destreggia tra bottiglie, bottigliette, bottiglioni, taniche, contenitori vari, specchietti retrovisori, fusti e fustini, il mascherone frontale (con tanto di targa) di una fiat bravo, scarpe, lavandini, poltrone, sedia, mattoni, calcinacci, resti dei paracarri sistematicamente divelti, cadavere di cane dalle ossa biancheggianti…
Ok, torno su sull’asfalto!
Arrivo al paese di Castilblanco alle 10.20, gironzolo per il paese e mi imbatto nella chiesa, tirata a festa e circondata di altari barocchi drappeggiati di fiori e velluti: c’è una prima comunione. Mi faccio una fanta e arrivo all’albergue, ma il tipo che c’è dentro non mi vuole aprire: torno indietro e mi ripresento con un poliziotto, ed il tizio mi apre, guarda un po’!
Doccia, bucato, spesa: compro le stesso cose di ieri, spendo il doppio! Inflazione galoppante?
Vabbè. Mangio il panino, bevo un litrozzo di aquarius, tipo gatorade del camino ed eccomi qua.
Tappa breve, partenza mattiniera, arrivo in tempo per la messa grande: un giorno intero per soffrire il caldo e rompermi le palle, insomma.
Il caldo è opprimente, la roba stesa fuori si asciuga in quattro e quattro otto, e sembra che l’ora di cena non arrivi mai… ma, in qualche modo, sopravvivo ed eccomi al bar per un menù pellegrino composto da: zuppa con rosso d’uovo, uovo sodo, pezzi di prosciutto e pasta corta ma tipo spaghetti; petto di pollo alla griglia con aglio, olio e prezzemolo; patatine fritte; creme caramel con la panna e vino tinto.
Mentre, seduto fuori, sto cenando, una simpatica brezza si leva a rubarmi il tovagliolo: finalmente un po’ di respiro… ma la camerata è un forno!
Srotolo il materassino e sbatto il sacco a pelo in terrazza, e buonanotte!