WWI overnighter day01 Trento _ Rifugio Papa, 72,5km 2390mD
Improvvisatissima partenza per approfittare di questo weekend che promette tempo spettacolare: pomeriggio speso a ravanare sul web in cerca di ispirazione, cena volante e supersonica scelta di borse e materiali. Poi giù in garage a controllare e preparare il mezzo a pedali: in qualche modo prima di mezzanotte è tutto pronto… o almeno pare!
Barba e doccia, qualche ora di sonno, rapida colazione ed eccomi in stazione: biglietto e supplemento bici, sottopasso, binario e si parte. Prima fermata Bassano, comodo cambio e, tra gli scoscesi paretoni con cui il Brenta ha separato il massiccio del Grappa dall’Altopiano dei Sette Comuni, il treno si dirige verso Trento.
Ore 09.30 e scendo al capolinea, qualche colpo di pedale e mi fermo per colazione al bar Funivia già lungo la ciclabile dell’Adige.
Lungo il percorso la pista, abbandonata la città allo scoccare dell’ora, scorre tra frutteti e filari tra cui ferve la vendemmia di mele e grappoli d’uva.
La traccia si stacca dall’argine per un tratto, per solcare la campagna, poi torna lungofiume: abbandona l’asfalto nei pressi di un bici grill dove l’argine si fa sterrato e si incunea tra l’acqua e l’autostrada (10.45 km 20).
Bastano quindici minuti per cambiare sponda e raggiungere il cartello Rovereto (11.00 km24): 4km ancora per attraversare la città e si inizia a salire lungo la semideserta SP89, che si srotola con fitti tornanti arrampicandosi verso sud-sudest in direzione della Lessinia e del gruppo del Carega, mentre l’Altopiano di Folgaria resta decisamente ad est… nel mezzo il Pasubio.
La salita è impegnativa: le campane risuonano tra i borghi della verde vallata sottostante ed il sole mena forte mentre mi sciolgo sul manubrio (12.00 km33,5 580mD 620mslm).
Ancora qualche metro e, alla fontana della piccola piazzetta di Albaredo, mi concedo una breve sosta borraccia e barretta: sbrana, scola, ricarica e via, giusto dieci minuti (12.05 km34 690mD).
Dopo il borgo di Matassone il nastro d’asfalto scende, spiana e poi risale: bella la discesa, ma dovrò recuperarne ogni metro, quindi boh, anca no (12.40 km39,5 820mD 930mslm)!
Ed infatti, tornando a spingere, ecco Obra (13.20 km47 1070mD 940mslm) da cui si pesta duro fino ad Ometto, dopo il quale la strada muore: oltre la galleria chiusa al traffico, infatti, inizia la forestale Strada delle Siebe.
Dieci minuti di sosta per cambiare i pantaloni fradici e go, si riparte sul fondo instabile e a tratti decisamente ripido nel fresco del bosco, traversando i rigagnoli di alcune cascatelle ed anche godendo finalmente di un po’ d’ombra, per fortuna (13.30 km49 1190mD 1040mslm)!
Lo sterrato dura poco, però: torna l’asfalto e si può procedere con meno attenzione alla tecnica di guida (14.00 km51,5 1300mD 1200mslm) fino a raggiungere la testa della valle ed il Prà di Mezzo, sul confine tra Trentino e Veneto, segnalato dal cartello Recoaro Terme (14.40 km56 1600mD 1590mslm).
Ancora cinque minuti ed è ora di una meritatissima radler e di un panino speck e formaggio al rifugio Campogrosso, sorvegliato dall’alto dalle fortificazioni sulla Sisilla.
Tre quarti d’ora e si riparte lungo la parzialmente asfaltata Strada del Re, comunque in forte discesa (15.15), corredata di aereo ponte tibetano che si slancia oscillando oltre una forra: la bestia a due ruote ci passa a pelo e si può così proseguire tra i pini in precipite discesa asfaltata fino al bivio carrabile (15.40 km60 1650mD 1240mslm) e da qui in un attimo al Passo Pian delle Fugazze (km62 1163mslm).
Foto di rito, seguo la strada in discesa verso il Veneto per un centinaio di metri ed imbocco la ghiaiosissima Strada degli Eroi, una manciata di metri prima del confine regionale: il fondo instabile e la decisa e costante pendenza assicurano che ci sarà da sputare sangue!
Un’ora dopo provvidenziale panchina e combo barretta + borraccia: la strada è davvero tosta e non molla mai anche se per fortuna risulta parzialmente ombreggiata dai fitti alberi (16.45 km67,5 2010mD 1540mslm)!
Quarto d’ora d’ordinanza e si riparte: le gambe sembrano piombate, ma bisogna far finta di niente!
Un metro alla volta si continua a salire mentre le conifere si diradano e lo sguardo può indugiare sulle cime attorno e sulle valli sottostanti: raggiungo così la Galleria Generale d’Havet, porta d’accesso monumentale alla parte più spettacolare del percorso (17.35 km70 2260mD 1770mslm).
Sullo spiazzo di fronte all’apertura lancio un ultimo sguardo verso valle: oltrepassando la galleria, infatti, non sarà più possibile guardare ad ovest.
Il verticale costone roccioso a sinistra, la precipite vallata a destra, inizia così la parte aerea e più scenografica del percorso, con la Strada che si snoda tra brevi gallerie e trafori sotto le strapiombanti pareti del Pasubio.
La pendenza è decisamente meno aggressiva, e fermarsi per qualche foto risulta molto più facile: il rifugio è quasi sempre in vista, appare e scompare tra una svolta e l’altra… ancora un ultimo strappo e gli ultimi secchi tornanti sono alle spalle!
È stata duretta, ma eccomi al Rifugio Papa (18.10 km72,5 2390mD 1910mslm)!
Bella sciacquata, cambio pulito, radler della vittoria, pulizia bici, gironzolo nei pressi ed è già ora di cena: tutti a tavola alle 19.30!
Il rifugio non è strapieno ma sono comunque molti gli ospiti, per lo più coppie o famiglie, a parte tre tizi solitari, di cui uno su due ruote!
Crema di broccoli, pappardelle al ragù di coniglio, stracotto di vitella con cavolo rosso e polenta, acqua, rosso, dolce di pane, grappetta e caffè.
Dopocena Duca racconta il generale Achille Papa, la guerra, il Pasubio e molto di più, dimostrando grandi doti di affabulatore.
Bella serata, ma la gente ormai sbadiglia: ore 22.30 e “suona” la ritirata… buonanotte!