Dìa26, Mercoledì 08 luglio, A Gudina-Laza, 34km (-166km)


Ma se hai camminato 34km e ieri il segnavia diceva -228km, com’è che adesso riporta -166km?
In piazza a A Gudina c’è la possibilità, ad un bivio, di scegliere tra due opzioni: per Laza o per Verin, -228 o -200km… la via di Verin non la segue nessuno… per due motivi: è più lunga e, per giungere nello stesso posto, Orense, ti obbliga a tre tapponi da 40km senza appoggi intermedi. Accà nisciuno è fesso, quindi si va per Laza!
Già ieri sera, sopo l’orujo + wiffi al bar Bruma II, tornare in albergo è stato ostacolato da un ventaccio teso e freddo da paura, giusto viatico per il cattivo pellegrino che ritorna a mezzanotte!
Stamani, stessa scena: vento freddo e cattivo, che non molla, si infila nella felpa ed intirizzisce la mani… non cedo per pigrizia alla necessità di ripescare dal fondo dello zaino la giacca e sopporto stoicamente fin quasi alle nove, quando il sole si fa un po’ più convincente. Posso levarmi la felpa e arrotolare la maglietta poncho. Il sentiero di oggi è una brutta sorpresa: asfalto. Si sale sulle colline sopra A Gudina, poi se ne percorre il crinale attraversando i paeselli della famiglia di A Venda (do Espino, da Teresa, da Capela, do Bolano), quasi disabitati, diroccati e poveri da paura.
Si giunge poi a Campobecerros, più vasto (relativamente, si intende) ed allegro, più vivo e ben tenuto, le cui stradine sono percorse dalle greggi che i pastori accompagnano a pascolare fuori paese. Il bar offre solo café con leche e cerveza: comer, nada! Tiro fuori dallo zaino biscotti e cioccolata (che in Extremadura si sarebbe sciolta in zaino, qua no!) e mi arrangio.
Siedo al tavolo con l’altro Carlo… ve lo avevo detto? Mi ha ribeccato! Aveva promesso alla moglie di riguardarsi e di camminare solo 30 al giorno poi, dopo l’Extremadura, ne ha macinati 50 al dì! Ci siamo rivisti a Cernadilla, l’altro giorno… No, al paesetto prima, adesso non mi ricordo il nome… Ed ora eccoci qua, vecchiaccio coriaceo!
Riparte, ed io resto ad arieggiare i piedi: oggi la sinistra funziona male, il tendine tibiale rompe le balle… mah. Riparto, sempre su carretera anche se, ogni tanto, qualche tratto sterrato concede l’illusione di un miglioramento del fondo, più adatto ai pedoni…
Viene dal pianeta Cubo, l’asfalto! Ce lo hanno mandato gli Autorobot cattivi (Decepticon, vero Giorgio?) per adattare il nostro pianeta alle loro esigenze, e quando sarà abbastanza asfaltato manderanno la loro squadra di robottoni che si trasformano in mezzi da lavoro tipo betoniera, rullo compressore, ruspa e bulldozer, e finiranno l’opera, asfaltando ciò che manca! Sveglia, razza umana! Il nemico è alle porte! Uomini, cavalli e cani non possono fare tutti sti chilometri sull’asfalto fottuto! Tendiniti e vesciche sono in agguato! Il vile e traditore bitume è fatto per chi può procedere su estremità rotolanti, non su articolazioni e morbide estremità!
Ma tocca andare, ed il fondo non si può scegliere: asfalto sino alla fine, tranne una breve parentesi tra gli abeti da rimboschimento dopo Portocamba e fino a Eiras, dove mi concedo una sosta di venti minuti. Poi ultimo round vs l’asfalto, tutta discesa, molto fastidiosa, fino a Laza.
Vado dalla protezione civile a farmi dare la chiave e a registrarmi, poi bucatobarbacapellidoccia e riposino, quindi birretta e alla tienda per le provviste di domani. Il paese è piccolo, ma più vivace e carino di quelli passati oggi: c’è un unico restaurante, chissà che si mangi bene!

Sì, si mangia bene! E pure un sacco! Tornato in albergue dopo la spesa alla tienda, ho giocato a carte (al mentiroso) con tre fratellini spagnoli, poi sono tornato in paese alle 19.30: ci tocca il primo turno, alle 20! Strano orario, qua in Spagna!
Nell’attesa della chiamata, aperitivo con birrozzo da mezzo e tortilla de patata… poi, nella cucina di casa, una signora e la sua aiutante ci servono una pasta, scotta ma niente male, di cui mangio tre porzioni (la mia, un bis, e quella di Sandra, la svedese vegetariana), mangio poi anche metà dell’insalata mista della suddetta svedese, che non riesce a finirla; segue il filete de ternera tenerissimo e ben cotto, con patatine fritte croccanti e dorate, doppiate da un solo bis, per non strafare. Poi il dolce: gelato o postre artesano? La seconda che hai detto, ma i saggi andalusi mi ordinano anche il gelato, che hanno capito che ho proprio fame: bravi! Mangio il gelato, tipo viennetta, poi arrivano le chulas, cicciosissime ciambelle di farina ed uovo fritte e servite calde: ne arrivano venti, due a testa… sono costretto a mangiarne otto o nove, che se no restano lì! Ma se non io, chi può compiere l’ardua impresa?
Chupito di orujo al bar sotto casa, ed uno me lo offre il matto locale, al quale il barista mi impedisce di offrire una birra… effettivamente non sembra averne bisogno!
Posso così tornare, buon ultimo per non smentirmi, all’albergue dove, decisamente satollo, non mi vergogno di infilarmi nel sacco poco prima delle 23!

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