Dìa08, Sabato 20, Merida-Aljucen, 18km
Notte di merda, anche questa, come quella di Villafranca. Mi giro e mi rigiro, sudando come un porco: dormire è impossibile, anche se ne avrei un gran bisogno: quando chiudo gli occhi, più che dormire, svengo, per poi riprendermi stordito e spaesato. Un’altra notte così e ammazzo qualcuno.
Alle 05.35 mi tiro su, poco convinto, so già che farò poca strada, mi sento debole: due notti senza dormire e, in pratica, 24 ore senza mangiare.
Comunque sia di restare qua a riposare non se ne parla: non c’è riposo possibile in questa fornace!
E allora parto, e mentre mi incammino incrocio i giovani di Merida che terminano la loro serata fuori, le ragazze con i vestitini e le scarpe alte in mano, i ragazzi con la cravatta allentata… cazzo, mi sembra di provenire da un altro pianeta!
Molti di loro sono fermi sul lungofiume, a godersi il fresco o perché di tornare non hanno voglia… peccato che rimangano i segni della presenza loro e dei loro concittadini: bottiglie e lattine ovunque, cartacce e sachetti.
Raggiungo l’acquedotto romano, dove gironzolo per 20 minuti, poi mi decido ed imbocco lo stradone asfaltato verso l’embalse di Proserpina, il lago da cui Merida romana attingeva l’acqua. Due gran palle, complice la forma non proprio splendida.
Sono le 08, ma il sole ci dà già dentro alla grande… aiuto!
Bene o male arrivo al lago, lo si costeggia per un po’, dal lato della diga romana, poi su, per stradina dissestata (ma comunque asfaltata) sino ad imboccare un sentiero tra le querce: si sale, anche se con calma, fino alla sommità di un colle. Sotto c’è un paesello, dotato di fontana, nientemeno! Un lusso, da ‘ste parti.
Mentre sbevazzo un po’ d’acqua passa Marisa… ci eravamo già incrociati, ma è tornata indietro a cercare il posto in cui aveva appoggiato gli occhiali da sole… chissà perché, ma i vecchietti del paese la salutano con entusiasmo, a me neanche un’occhiata…
Ma eccomi al paese successivo, son le 10.35. Spero che l’albergue sia fresco, perché mi fermo qua… sì, ad un primo esame direi che posso sopravviverci. Mi sbatto in branda subito dopo la doccia, fino alle 13, dormendo sul serio, poi alla tienda a comprare qualcosa da mangiare per accompagnare una pastiglia. Poi dormo ancora, fino alle 18. Altra pappa, altra pastiglia. La febbre sta calando, mi sento meglio.
Il caldo fuori è allucinante.
Torno in branda. Mi rialzo verso le 20, aspetto la hospitalera, che arriva alle 21.15: ha perso il sello. Barba e capelli, altra doccia. Poi vado a mangiare: sono le 22.30 passate. Ho un discreto appetito, buon segno. Un cocker nero mi fa compagnia e si merita un po’ di patate fritte… torno alla base, apro tutte le finestre, ed eccomi qua.
Ormai è quasi mezzanotte… ciao.