theDesertSessions day05 Taznakt _ Aguinane, 77km 850mD

Provo a fare il bravo ed addormentarmi presto, ma mi riesce male: in ogni caso sveglia alle 05.30 per rapida routine del mattino, colazione esclusa, ed eccomi trascinare la bestia fino alla strada deserta nell’ora antelucana (06.15).
Luci accese e via nel fresco mattino, sulla nazionale percorsa da rari veicoli: oltrepasso un primo ed un secondo villaggio (07.00 km14), poi Zaouiat Sidi Iahsahin dove l’asfalto cambia in peggio, divenendo più scabro, ed è forse per questo che c’è un camion buttato di traverso poco dopo (07.15 km18).
Un gendarme è seduto tranquillo sul semiasse a fumarsi una sigaretta e fa segno con la mano, annoiato, di passare.
Ancora qualche colpo di pedale ed eccoci pronti al petit dejouner all’incrocio con distributore che ho individuato ieri sulla mappa: tè alla menta e forma di pane, che ho appena visto portare dal fornaio e che alla fine divido con due cucciolotti scabbiosi che razzolano sotto il mio tavolino (07.30 km22,5).
Neanche mezz’ora e si riparte (07.55), per salire subito al passo sopra il villaggio Koirkoude, che da accesso ad un altipiano punteggiato da piccole coltivazioni, macchie di verde che contrastano con la terra gialla e rossa: campi di zucchine, patate, vite sono circondate da basse e rotonde colline (08.10 km25,5).
Mentre l’asfalto cambia nuovamente,  fresco e nero nastro che interrompe il colore dei campi, l’altopiano si apre ancora di più, sempre punteggiato di coltivazioni, piccolissimi capanni e baracche: le colline sullo sfondo, richiudono questa fertile zona proteggendola, mentre la strada si srotola oltre l’ultimo contrafforte visibile davanti a me, verso ovest… e gli unici due contadini visibili nei paraggi rispondono al mio saluto con urla da tifosi!
Ma ecco il momento che aspettavo: abbandono la strada per Tailouine a favore di una pista che si perde tra i campi, verso sud, e che profuma d’avventura (08.30 km32 1770mslm).
Primi chilometri a far girare le ruote in falsopiano tra le coltivazioni, poi ecco il primo bivio, in corrispondenza del l’attraversamento di uno uadi e di un grande pozzo con abbeveratoio (09.00 km40).
Mentre il sentiero sale di quota inizia a descrivere un’ampia curva verso ovest ed il fondo cambia da compatto a sabbioso a sassoso, per poi tornare compatto e scorrevole com’era inizialmente: il vasto panorama, dominato dai rossi e dai marroni, ed interrotto dal grigio degli ouadi asciutti, è selvaggio ed impressionante.
Continuo a macinare chilometri lentamente, destreggiandomi sul fondo mutevole, costeggiando canaloni incisi dalle acque e attraversando un altro greto in secca, controllato da un capanno da pastori: la pista spiana dopo aver guadato lo ouadi sabbioso e lo sguardo spazia ora su di un altro altipiano (09.35 km36 1800mslm)
Dove sembra venire alla luce questo fiume, si trova una piccola oasi verde in quota, con alberi di mandorle e macchie di canne ed altre piante:  doveva essere proprio un ricco pascolo, ed è ancora segnato da capanne di pastori, ormai abbandonate, e da altre strutture più moderne per la gestione dell’acqua e per la produzione di energia elettrica… proprio un gran bel posto!
Procedo solcando i pascoli in direzione sud ed eccomi giungere ad un incrocio sull’altopiano, un centinaio di metri di quota più su, mentre un gregge di capre incustodito pascola tranquillamente (09.50 km48,5): prendo a destra, sterzando secco verso ovest, sulla pista che risale decisa verso i 2000 metri per poi spianare tra sterili campi di ghiaia, ora orientandosi a sudovest (10.05 km51 1970mslm)
È il punto più alto del percorso odierno: da qui si scende e, su pista ora molto sabbiosa, si attraversa un terzo altopiano dominato da un piccolo insediamento, abbandonato a fronteggiare un’oasi.
Sul fondo qualche mandorlo, gli ultimi scuri costoni di fronte a me a chiudere la bella valletta nascosta tra le ultime creste di questi monti.
Si riguadagna la quota perduta, si scollina, ed un’altra vallata, più aperta, ancora si offre allo sguardo, disegnata di giallo, rosso, ocra e verde paglia, con una lussureggiante oasi e le immancabili, spartane abitazioni  che spuntano sulle dorsali delle colline come vertebre ossidate dal tempo, composte da lame di antica roccia.
Perdo quota serpeggiando a tagliare la pendenza: mentre la valle si apre e la pista si fa meno rocciosa, ecco una fattoria nel folto dei mandorli  dove un pastore accudisceil suo gregge di capre, aiutato dall’immancabile asinello (10.20 km53).
Basta un chilometro in campo aperto per giungere al verde orto Eco Garden (km54) dove Mohamed ed Abu Majid son di guardia al baracchino: non posso rifiutare l’invito a bere un tè caldo, anzi!
Dopo la breve pausa, al bivio viro a destra ed eccomi ancora a risalire in stretti tornanti: il fondo severo e sassoso non fa sconti, ma per fortuna anche questa salita in breve è vinta (10.45 km55).
Dal crinale si scende duro, lavorand9 di sterzo e di freni, e basta poco per oltrepassare un insediamento incastonato in un selvaggio e dirupato catino roccioso (11.00 km59).
Procedo scavalcando piccole dorsali disposte a pettine, il fondo sempre duro e scorbutico, il panorama imponente e severo, frutto di milioni di anni di forze degli elementi: si risale poi dalla conca sassosa appena attraversata e da questo colletto si riprende a scendere nel panorama lunare, unico segno della civiltà rappresentato dall’inseguirsi tralicci dell’alta tensione (11.30 km63).
In breve sono giù oltre le stradine polverose di Timdghat (11.35 km68) e dirigo sulle rive dirupate del fiume verso Igarda, affacciato sul costone che domina il letto sassoso (12.00 km69).
Il bivio per Aserraregh è ad un solo chilometro: la cittadella domina dall’alto la curva dello uadi sottostante, ma mentre il vento fischia sulle recinzioni metalliche, io procedo sulla destra del fiume, risalgo in faccia alla città e, con un paio di tornanti, raggiungo la strada asfaltata (12.20 km72).
Sono solo cento metri, però!
Perché subito si sterra, sempre col fiume a sinistra, per bordeggiare i verdi palmeti che ricoprono il fondo della gola Draa Trafilalet: dita sui freni e niente vertigini, che lo scosceso sentiero piomba in picchiata incidendo i paretoni della gola in strettissimi zigzag dalla vista spettacolare sulle palme, i canali ed i campi terrazzati. Un ultimo tratto dal fondo cementato attraversa l’antico paese di Fifird (12.45 km76) e conduce al fondo dell’oasi, dove finalmente i freni possono raffreddarsi un po’!
L’acqua gorgoglia nei mille canaletti tra le palme, ed il sentiero sabbioso si snoda nell’ombra fresca per raggiungere, ora in salita, l’auberge… chiuso (12.50 km77)!
Aspetto lo scoccare dell’ora, chissà, e poi raggiungo le prime case dopo la curva: dal baretto una telefonata mi conferma che l’ostello non aprirà per un solo viaggiatore.
Mentre discuto le possibili opzioni col signor Mohamed ed altri spettatori, entra Jamal che, serafico, mi invita a casa sua!
Bè, che dire… Merci beaucoup!!!
Faccio così conoscenza con tutta la famiglia, e vengo affidato ad Iman, saggia ragazzina prodigio che parla quattro lingue!
In breve, docciato e cambiato, vengo invitato per il tajine: ancora una volta l’ospitalità berbera (anche Jamal e la sua famiglia sono Sousse) si dimostra impareggiabile!
Se ero venuto a cercare il cuore del Marocco, bè… mi sa che l’ho trovato!

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