S2N day35 Soto de Luiña _ Colunga, 108km 2020mD

Arrivo gocciolando all’albergue e sbatto direttamente tutto in lavadora: nonostante sia sprovvisto di credencial l’alberguero mi ha permesso di restare, quindi doccia calda, vestiti asciutti e cena.
Zuppiera colma di sopa de garbanzos y mariscos, che emozione! Dopo una giornata sotto la pioggia è proprio quello che ci vuole!
Risveglio automatico, ma resto nel sacco fino le 06.45, quando scatta la routine del mattino. C’è un po’ di roba in più da sistemare, appesa alle brande vuote ad asciugare, ma alle 08.00 sono sui pedali.
Calabobo, ciribiri, orballo… chiamatela come volete, ma oggi l’odiosa foschia/pioggia atlantica non c’è, e si può quindi pedalare all’asciutto.
Bè, quasi! In realtà è comunque molto umido, ma non c’è quella sospensione di acqua nell’atmosfera, insomma… il che comunque non mi impedisce di sgocciolare sul manubrio già alla prima salita!
Ma andiamo con ordine: via sulla general per toccare subito Artedo (08.20 km05), Las Duenas (08.35 km07,5), Muros de Nalòn (08.55 km15) e Soto del Barco, che suppongo debba il nome al traghetto che doveva esserci antiguamente prima di venir sostituito dal ponte (09.00 km16,5).
Un chilometro dopo il passaggio sul fiume si arriva al centro abitato vero e proprio, anche se sicuramente Il borgo acquattato sulla sponda ha molto più fascino.
In paese lascio la carretera 632 per una traccia che porta, in un chilometro e dieci minuti sterrando tra gli eucalipti, ai ripetitori in cima al paese (09.20 km19): ettepareva, classico esempio di salitaccia evitabile!
Evabbè: torno in discesa ad affiancare la 632, che però rimane, così come l’autopista, alla mia sinistra, mentre io salgo tra i prati e le feci inoltrandomi tra i borghi più isolati (09.35 km20).
La stretta Calle de los Indianos scende al rio tra le belle case ed i palazzi degli emigranti di ritorno dalle americhe, conducendo a La Ferreria, dalle case blu e bianche, dove scavalco l’omonimo torrente.
Risalgo nel bosco umido e gorgogliante d’acqua: la solitaria stradina si inerpica, sinuosa ma non soave, attraversando i borghi semiabbandonati, dove l’odore della paglia imballata che macera si confonde con il profumo delle lenzuola stese ad asciugare sotto ai fienili.
A fine rampa ecco il pueblo di Los Calbuetos (09.50 km23), seguito da Las Barzanas (10.05 km27,5), dove freno per un caffe e dieci minuti di sosta.
Bastano venti minuti per il paesone di Villanueva de Miranda (10.35 km31), da cui scendere ad Aviles è una formalità (10.40 km33).
Esco dalla città costeggiando i binari, mantenendomi a destra anche rispetto alla zona portuale-industriale ed addentrandomi tra i palazzoni e poi nella periferia operaia fatta di case popolari a due piani degli anni ’50, direi, sottopasso una serie di cavalcavia e, tra strade e autostrade, raggiungo il sobborgo di Trasona (10.55 km36,5), da cui proseguo sulla generale cui ormai mi sono riagganciato.
Poi è ancora periferia industriale, traffico anche pesante, mentre ogni tanto qualche casa tradizionale fa timidamente capolino tra i più moderni ma gia archeologicamente datati stabilimenti, ferriere, fabbriche di fertilizzanti, ciminiere, binari, fumaioli, distributori, bar da carretera, parcheggi per camion e motrici, nodi autostradali, capannoni arrugginiti ed affumicati in via di demolizione, il tutto attorniato dalla verde cornice di boschi e colline.
Da Tabaza (11.05 km41,5), sempre zona industriale, arrivo ad una rotonda che mi permette di uscire a Tomar e prendere finalmente un sentiero, tornando sul cammino come dovrebbe essere (11.10 km42,5)!
In breve si sale tra i campi ad agganciare una ciclabile sterrata (11.25 km44) che diventa poi strada cementata e quindi tratturo tra i pascoli, porta a scavalcare i binari (11.35 km48) e, in un chilometro, a Cespedera e quindi in località Xelaz, dove ritrovo la carretera general (11.50 km52).
Uno snodo intricato sul rio Pinzales, fatto di cavalcavia, binari e tubazioni, altri binari, strada, camino, ponti, sovrappassi e sottopassi, linee elettriche… un bel casino, insomma, poco piacevole tra l’altro, per abbandonare comunque una general che scorre più in alto ed infilare il camino de La Cuesta, nome che dice già tutto se ci aggiungi la parola “arriba”!
“Cuesta arriba” significa “salita”… e non di quelle buone!
Su di fianco ai binari, tra belle casette colorate che è un vero peccato siano qua incantonae, giro allo scalo tuttora in attività, inizio ad arrampicarmi… ma risalgo la parte più dura a spinta per non sfondarmi le gambe, mentre alle mie spalle dai camini della ferriera si alzano fiammate, colonne di fumo e di vapore… pentiti, peccatore, e pedala!
Sulla sommità della rampa feroce posso già vedere Gijòn, i suoi quartieri e la baia (12.05 km54), che, finalmente in discesa, raggiungo in fretta: eccomi alla playa (12.25 km59)!
Poi via di ciclabile, raggiungo le darsene, la bella piazzetta e seguo ancora il lungomare, dov’è tempo di un paio di birre e qualche pinxhos(1240 km62).
Mezz’oretta di relax, come vola!
Sono entrato in città da una ciclabile ed esco da un’altra, lungo il fiume (13.15), costeggiando la zona tecnologica e lo stadio e lasciandomi alle spalle la spiaggia.
Già verso le colline costeggio la Universidad Laboral, imponente complesso di edifici che, originariamente costruito per gli orfani dei minatori vittime di un grave incidente negli anni ’40, attualmente ospita scuole di danza, teatro, conservatorio e altre facoltà (13.30 km66)… a quanto pare è l’edificio più grande di Spagna!
Sembra interessante e vado a farci un giro: nuovi e moderni edifici lo affiancano, ed il primo che incontro è il Centro de Arte y Creaciòn Industrial, poi entro dal portale monumentale, giro tra i cortili ed i corridoi, fotografo la grande chiesa e la torre ispirata alla Giralda… è proprio enorme!
Esco e finisco per costeggiare l’ospedale, la scuola universitaria di infermieristica e, sulle stradine alle sue spalle, lascio la città di Gijòn… neanche a dirlo, in dura salita!
Guadagno il camino Los Llanos(14.00), dove prendo una sterrata, molto breve, che taglia tra i prati e le ultime case per tornare ad agganciare l’asfalto, ora in discesa sul versante opposto: è di nuovo il cammino in versione pedonale, e molti sono i pellegrini che incontro.
Si scende alla strada, si sale ancora: le pendenze più dolci solo un ricordo… e via così, a ripetere!
Raggiungo un colle, scendo su cammino, giungo a Barcena (14.20) proseguo, incrocio Casa Pepito, risalgo (14.35 km76)… salgo tra i pascoli ed i castagni sul contrafforte opposto della vallata, abitata per lo più dalle vacche tra cui passeggiano impettiti i bianchi aironi; a spezzare il verde uniforme qualche albero con le piccole mele locali, dalle quali si ottiene la sidra, la tipica bevanda asturiana, ed onnipresenti i soliti eucalipti, che ormai hanno colonizzato l’intera costa atlantica spagnola.
La salita continua, la pendenza si ammorbidisce un po’ ma non c’è un attimo di sosta… i pellegrini si fanno di nuovo vedere: probabilmente sono quelli partiti da Colunga, circa una ventina di chilometri da qui e dove conto di fermarmi per la notte.
Fine salita: era ora (15.20 km80)!
Un litro di tè, due minuti di break e giù sull’asfalto veloce… e invece no!
È subito pista forestale tra gli eucalipti, invece (15.25 km82): molto sporca e scivolosa, porta giù, tra lo stridere dei freni, tra le case di un borgo rurale, frutteti di meli da sidro, balle di fieno, pascoli e, alla fine, la chiesa giallorossa di Santa Eulalia de Nièvares.
Poi il bitume scende a Grases (15.40 km85); a Camoca, un chilometro e mezzo sotto il pueblo precedente, si scorre ormai sul fondovalle ancora in leggera discesa, l’immancabile corso d’acqua alla nostra destra, tra gli ontani ed i campi di mais, i pascoli con i bovini e le case rurali variamente colorate; molti i castagni, mentre le palme adornano alcuni grandi edifici, sia ville che opifici, in vari stadi di abbandono.
Ma il paese di La Parra sembra essere qui, lungo la strada principale (km87): un ponte porta ad attraversare la ria de Villaviciosa e ad entrare nella città omonima (15.55 km90).
Si esce dalla cittadina subito contro gravità tra le colline ed i campi, tanto per cambiare, a ripassare l’autostrada, questa volta sopra, per prendere una secondaria che la affianca (km92).
Si sale ancora e, dopo una breve discesa ci si riporta di nuovo in quota (km94): un po’ di falsopiano per tirare un po’ il fiato a mezza costa, mentre il panorama alla mia sinistra passa senza soluzione di continuità dal ciglio della strada bordato di felci ed eucalipti, al verde di pascoli, prati e campi verso valle, poi le case colorate, la ria in secca, il borgo di pescatori, la bassa marea sulla ria di Vilaviciosa prima che si getti in mare e, finalmente, l’oceano bordato di foreste: tutto questo nell’arco di un chilometro o giù di lì.
Poi si sale ancora alla Fuente Pandu (16.20 km94) per scenderne a breve ed infilare un sentiero nel bosco sotto l’autostrada: il mio passaggio spaventa una cerva che fugge a grandi balzi.
Nei pressi del borgo di Fongabin la traccia procede su asfalto, quindi penso bene di prendere il cammino pedonale (16.35 km98): pendenza, sassi, fango… hike-a-bike, scemo!
Esco dal bosco alla iglesia di La Priesca, ricoperto di sudore e con i polpacci duri (16.55 km99): eh no, non imparo mai!
Un altro chilometro di salita, ma su asfalto (17.00 km100) e, finalmente, si scollina: discesa fino al Pernus (1710 km103) da cui si sale solo un altro, doloroso, chilometro prima di scendere a Colunga, dove ho prenotato un matrimoniale in hotel: me lo merito (17.30 km108)!

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